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giovedì 14 gennaio 2016

Alcune delle grandi ceramiche per l'architettura per le quali è conosciuto Giuseppe Macedonio



Alcuni esempi di ceramiche inserite nelle architettura, le cui dimensioni e la manifestazione filosofica del racconto dato dalle immagini pittoriche e di sbalzo le rendono ragione intellettuale di questo artista del ‘900.

Macedonio al lavoro nel giardino incantato





Da "Il grande libro... La casa fuori dal tempo e le opere perdute.
Dove si disquisisce sulla sua casa studio

Concettualmente, il mondo della cultura napoletana del dopoguerra passò per casa Macedonio. Perfino il trasvolatore del polo nord, Umberto Nobile, vi sostò.

Una casa fuori dal tempo, cui ricorderemo tre stanze con giardino, dove dal 1936 al 1986 un uomo dall’aspetto modesto e dall’ascetica calma, lavorò e visse insieme alla sua famiglia, sbattuto dagli eventi, senza mai desistere, perseguendo un solo unico fine: creare dei pezzi di paradiso in terra attraverso il suo pensiero le cui mani avevano l’abilità di trasformare in ceramica. Chi visse in quel tempo ebbe l’opportunità di godere del giardino incantato osservando Macedonio dar forma ai suoi pensieri attraverso l’argilla e il fuoco. 
È il ricordo più bello che conservo della famiglia in cui sono nato ...



Quadro astrale di Giuseppe Macedonio
...Molte sue realizzazioni, per forza maggiore sono state tralasciate, come quelle poste in case private di cui non c’è traccia fotografica o ricordo, oppure di altre, distrutte dalla mano dell’uomo. Cosa che se si considera da un positivo punto di vista, lascia spazio a successive ricerche e attribuzioni, adatte ad arricchirne la storia. 
Personalmente ricordo l’ubicazione di molte sue opere di cui per mancanza di fotografie si è perso il ricordo, come ad esempio la cappa di un finto camino, eseguito nel 1951 per un appartamento di via L. San Felice; oppure un’opera eseguita nei primi anni sessanta nell'appartamento del pittore Miraglia, al Parco Comola Ricci. oppure come la fontana astratta in via L. Giordano, ora murata. 
Molte  opere  sono sfuggite persino al ricordo dello stesso Macedonio, per cui... 
Le opere realizzate per appartamenti patrizi napoletani furono assai ingenti, considerando che tra il 1946 e il 1980, era un privilegio possedere una sua opera.
In un calcolo approssimato per difetto, risultano essere molto più di un paio di centinaia, tra quelle sfuggite alla macchina fotografica e  al ricordo: vasi, centri tavola, fontane, piastrelle sbalzate o dipinte, e quant'altro produsse generosamente a cominciare dal 1936, anche se la fragilità stessa della materia contribuì a distruggerle involontariamente. 
Sono queste opere  affondate nel mare della vita di cui si è persa memoria ma in cui tuttavia è stato solo il ricordo a perdesi al momento, non la consapevolezza della loro esistenza. 
Ragione per cui auspico che in futuro capaci menti porteranno alla luce quest’immensa ricchezza dimenticata, rendendola patrimonio  dell’umanità, almeno nella loro espressione filosofica che altro non è se non il pensiero stesso di Giuseppe Macedonio, ceramista in Napoli, per il mondo. 



1946,  prima opera architettonica di Macedonio,
via A. Falcone, Napoli. 




1946, Particolare prima opera,
via A. Falcone, Napoli.


Altre ceramiche per l'arechitettura di Giuseppe Macedonio.


In via Mario fiore a Napoli, nel 1948,
Portale, Corridoio con fioriere, Alzate di scale, Androne con decorazioni e Fontana con tritoni.



1948, via M Fiore, Napoli, Portale .








1948,  via M. Fiore, Napoli ingresso con fioriere e alzate di scale.



1948, fontana in un androne in via M. Fiore.






1948, via M. Fiore Napoli, i Tritoni,
particolare della fontana nell'androne.


Da "Il grande libro... La Ceramica, questa sconosciuta.
Dove si fa la differenza per concetto tra ceramica, pittura e scultura.

Mi sono sempre chiesto se c’è qualcuno che realmente conosce la differenza che intercorre tra la ceramica e le altre arti. Non le tecniche, palesemente diverse tra loro, quanto il modo razionale d’intenderle intellettualmente.
Tutti sanno che ogni espressione dello spirito prima di essere materialmente realizzata ha bisogno di un tema che in genere nasce da un’ispirazione e secondo la materia scelta, di uno spazio in cui concepirla. La pittura, ad esempio, avrà bisogno di uno spazio delimitato, una tela, l’interno di una cupola, un medaglione, non fa differenza.
La scultura adopererà uno spazio inteso come una serie di volumi per creare la forma e la dimensione sviluppando l’immagine dell’opera.
La ceramica e volendo essere pignoli, anche la porcellana, il gres, la terraglia, hanno invece bisogno di un’ideazione alquanto più complessa, poiché nel momento stesso in cui si concepisce l’idea, bisogna pensarla come forma, spessore e colore insieme, quindi né volume, come per la scultura, né spazio delimitato, come per la pittura. È qui, nel concepimento dell’opera che risiede la differenza intellettuale.
Senza la scelta di una forma concomitante l’ispirazione, in cui vi è lo spessore e la colorazione del più piccolo dettaglio, non si potrà realizzare un oggetto di ceramica.
Non si commetta l’errore di pensare alla ceramica, intendendola come volume o come spazio adatto ad accogliere la pittura. Niente di tutto ciò! Sarà la forma a darle quelle possibilità che la pittura o la scultura per definizione non possiedono.
Se si sceglie di creare in ceramica un oggetto semplice, ad esempio una tazzina da caffè, nello stesso momento cui ci saremo ispirati, avremo già scelto intellettivamente la sua forma che potrà essere classica, moderna, barocca, funzionale, futuristica, astratta, pensando al colore da darle, al suo spessore, tutto concomitante l’ispirazione.
Come dire, è la stessa differenza che intercorre tra il volo di un aereo e di un elicottero, entrambi si sostengono in aria ma l’aereo si sostiene grazie alla propria velocità, mentre l’elicottero può avere infinite scelte, anche se entrambi volano.
Cosicché ispirati a realizzare un qualsivoglia oggetto di ceramica, terraglia, gres, porcellana, con gli occhi della mente, bisognerà pensarla nel suo insieme, forma, spessore, colore, tipo di lucido anche se è uno spazio piano ma, non pensarla come una scultura, intesa secondo un volume, oppure come una pittura, anche se contiene entrambe queste possibilità.
La mancanza di questo concetto razionale, non né permetterà  il concepimento come ceramica, terraglia, gres ma… solo come scultura dipinta, cosa notoriamente diversa. Il ceramista poi, anche quando dipinge l’opera, vede il colore con gli occhi della fantasia, non realmente poiché gli ossidi o i biossidi adoperati possiedono una colorazione differente dal prodotto finito.
La complessità della ceramica quindi, comincia dal suo concepimento, terminando con la fuoriuscita dalla fornace, poiché sarà il fuoco a modificarla secondo quanto si è pensato, cosa questa che la rende ancor più dissimile dalle altre discipline...

UN PORTALE IN VIA L. GALDIERI-NAPOLI 

1948, '49, via L. Galdieri Napoli, portale d'ingresso.


UN PORTALE SULLA VIA M. SCHIPA-NAPOLI E LE DECORAZIONI INTERNE.

1949, via M. Schipa, Napoli, portale, architrave e alzate di scale. 



1949, via M. Schipa, particolare
del portale d'ingresso.






















1949, via M. Schipa, alzate di scale interne e battiscopa.


1949, via M. Schipa, particolare alzata di scale interne.
1949, via M Schipa, particolare
alzate di scale.












1949, via M. Schipa, Napoli, architrave nell'ingresso prospiciente la strada.
Quest'opera complessa e frammezzata in più parti poste in due androni un portale e alzate di scalini esplica le origini e l'evoluzione intellettiva dell'uomo secondo due possibilità: una rappresentata sull'architrave dell'androne prospiciente via M. Schipa, espressione di una evoluzione darwiniana in cui si osserva la caccia, inteso come momento evolutivo, in cui i cacciatori sono accompagnati dalle rispettive compagne, esprimendo così oltre alla evoluzione una compagine sociale.
L'altro tema, all'androne prospiciente il giardino interno, esprime  una possibilità teologica attraverso il tema "La cacciata dal paradiso terrestre",  momento in cui Macedonio mostra l'evoluzione attraverso il sacrificio dei nostri progenitori, Adamo e Eva,e il loro evolversi sulla terra. 
in questa doppia possibilità, sacra e profana, il portale prospiciente la strada mostra il progresso intellettuale odierno legato a quegli anni, dimostrando che in ogni caso è avvenuto. 
Entrambi i temi e la visione odierna dei due concetti, l'uno profano e l'altro sacro, a loro volta legano intellettualmente alla natura attraverso le decorazioni poste alle alzate di scalini
1949, via M. Schipa, Napoli, androne prospiciente il giardino, La cacciata di Eva dal paradiso 
1949, via M. Schipa, la cacciata di Eva, particolare.

1949, via M. Schipa, Adamo ed Eva, particolare















1949, Un'opera nata da una notte di baldoria.
1949, opera muraria L'oriente misterioso







UNA DELLE TRE OPERE AL BROOKLYN MUSEUM-NEW YORK.


1950,Brooklyn Museum, opera muraria, "Date a Cesare quel che è di Cesare".




Due esempi di industrial design realizatie per la Ditta Freda e Figli, Napoli.
1950, prototipo Coppa dei centauri.

1950,coppa da tavola: Albero.



Nasce la più grande opera in ceramica del '900,
la  Grande  Fontana  della  Mostra  d'Oltremare,
più di mille metri quadrati di  ceramica sbalzata
 Contrariamente a quanto si pensa, Macedonio lavorò da solo alla realizzazione della Grande Fontana, fruendo degli spazi e delle attrezzature  della Ditta Freda ai Ponti Rossi Napoli. L'unica persona che gli fece da assistente fu la ceramista Diana franco che  non intervenne nella realizzazione ma solo nel montaggio. 

1950, '54, Grande Fontana Mosatra d'Oltremare Napoli - 
Da "Il grande libro...
Le arcane datazioni della Mostra d’Oltremare e 
le origini della Grande fontana, 1940-2006
Dove, attraverso un po’ di storia, si mette ordine alle date e ai fatti.

La “Mostra delle terre italiane d’Oltremare”, così si chiamò in principio lo spazio espositivo inaugurato il 9 maggio 1940 alla presenza del Re d’Italia Vittorio Emanuele III, del Commissario Governativo, On. Vincenzo Tecchio, in rappresentanza di Mussolini e del responsabile dell’ufficio Tecnico ing. Luigi Tocchetti. 
I lavori di questo grande parco, iniziati per fini politici e speculativi, avevano come scopo finale la promozione di scambi commerciali con le colonie. 
Il progetto iniziò ufficiosamente nel 1936, quattro anni prima, anche se in realtà da molto tempo prima si programmava politicamente l’evento.
L’idea risale al pieno auge fascista e quanto si concretò, nel 1939, cioè la progettazione dell’intera area, fu affidata allo studio dell’arch. Marcello Canino.
Il progetto, per sveltirne la realizzazione, fu suddiviso per settori e assegnati a più architetti. Di nostro interesse è il progetto della Grande Fontana oltre che del verde che la contorna, la cui realizzazione, fu affidata agli architetti: Luigi Picanto, urbanista, e Carlo Cocchia. La Mostra delle terre italiane d’Oltremare ebbe breve vita, poiché inaugurata il 9 maggio del ’40, vide la sua chiusura il 10 giugno 1940, allorquando Benito Mussolini leggerà la dichiarazione di guerra, con quel che seguì.
Terminata la guerra, in un diverso benessere, si pensò di riprendere l’intero progetto, giudicandolo di grandi opportunità e di ampio respiro, soprattutto politico.  
Fu il motivo per risistemare il complesso, sciupato dai bombardamenti prima e dall’occupazione dei tanti senzatetto dopo.
In questo modo e per queste ragioni, ufficialmente il 16 aprile 1950 un’assemblea presieduta dall’ingegner Pier Luigi Tocchetti e dagli architetti Canino, Capobianco, Cocchia, De Luca, Piccinato, Salvatori, approvò il nuovo progetto e i piani particolareggiati, suddividendolo secondo le specifiche dei diversi architetti.
Il progetto, nel suo insieme, interessava una buona parte dei padiglioni preesistenti, compresa la Grande Fontana e il suo verde, affidati agli architetti Picanto, e Cocchia.
Nel frattempo, essendo cambiati i tempi, la Mostra d’Oltremare cambiò veste, chiamandosi “Ente Autonomo Mostra d’Oltremare, e del Lavoro Italiano nel Mondo”, Ragione Sociale che per questo progetto di rinnovo e recupero andarono gli ingenti fondi Regionali stanziati per le aree di forte sviluppo.
La politica pressava fortemente, affinché potesse sfruttare quanto prima il ritorno d’immagine di un simile intervento e impaziente… non attese la conclusione del restauro, fissando una data ufficiale per l’inaugurazione: l’8 giugno 1952.
In questa data si fecero confluire altre manifestazioni, come per esempio l’esposizione di prodotti esteri, in prevalenza nord africani, come anche, la prima “Mostra Triennale del Lavoro Italiano nel Mondo” che si tenne dall’8 al 23 Giugno ’52.
Il rinnovamento architettonico non era ancora del tutto terminato quando l’on. Luigi Einaudi, Presidente della Repubblica, inaugurò il complesso. La grande fontana di Macedonio dovrà aspettare gli inizi del 1954. Per continuità storica, apro una parentesi riferendo che per molti anni, tutto funzionò con apparente perfezione; la Mostra ospitò interessanti rassegne tecnologiche e culturali oltre alla “Fiera della Casa” e il “Nautic Sud”. Poi per via di una mancata sostituzione del personale testé pensionato, la manutenzione diede inizio a un lento degrado da abbandono che raggiunse la sua apoteosi negli anni ’80, con l’accoglienza dei “terremotati” di cui dobbiamo l’incredibile scempio culturale e di opere d’arte che da questo evento conseguì.
Fu volutamente distrutta una preziosissima opera in ceramica realizzata dalla ceramista Diana Franco (collaboratrice organizzativa di Macedonio per la realizzazione della Grande Fontana), opera realizzata nel ’54 per le “Serre Botaniche” e abbattuta scientemente, per far posto a un container a uso dei terremotati. 
La Mostra d’Oltremare affondava sempre più in uno sfacelo senza ritegno.
Anni dopo, grazie alla colta insistenza persuasiva di molti, tra cui, l’architetto Eduardo Alamaro, oltre l’azione “politica” di un Comitato creato per la sua tutela, la Dirigenza dell’Ente riuscì nell’intento preposto. Nel 1999 l’Ente Mostra si riconvertì in Mostra d’Oltremare S.p.A., raccogliendo in questo modo, fondi sufficienti per un nuovo restauro. La grande fontana fu riconsegnata alla cittadinanza completamente restaurata, attraverso una festa inaugurale tenutasi il 21 maggio 2006.
In questa circostanza, gli eredi Macedonio si aspettavano perlomeno di ricevere un invito all’inaugurazione, inteso come gesto etico e simbolico verso la grande opera, gesto che sarebbe stato ovvio oltre che doveroso ma… non giunse mai.
La strafottenza della dirigenza della Mostra d’Oltremare S.p.A, e dei loro collaboratori, fu veramente ragguardevole. Una vergogna su cui ho inteso porre l’accento.
Con quest’interessante appunto, termina il compendio storico sull’arcano delle date inerenti le succedenti inaugurazioni che dal ’40, su queste pagine si conclusero nel ’99.
1952, Mostra d'Oltremare Na,Giuseppe Macedonio e Diana Franco
 osservano le parti staccate di un'opera da montare.


1950, 54 Mostra d'Oltremare Na,Grande Fontana "I due tori",immagine centrale. 

1952, Mostra d'Oltremare Na. Grande Fontana,
 "Macedonio sovraintende il montaggio "


Quest'opera si avvale di  concetti intellettuali maggiormente adoperati da Macedonio: "gli accadimenti giornalieri", filtrati attraverso le personali introspezioni, il cui connubio offre  il senso dello scorrere della vita in un tutt'uno con la natura in un esistere giornaliero che mostra pecche e  virtù dell'umana specie.  

1950, 54, Mostra d'Oltrtemare Napoli, Grande Fontana,
"LaCaccia", particolare 

1950, '54, Mostra d'Oltremare Na. Grande Fontana, "Gli aironi",

1950, '54, Mostra d'Oltremare Na. Grande Fontana,"Il trasporto".

1950, '54, Mostra d'Oltremare Na. Grande Fontana, "I Cerbiatti".

1950, '54, Mostra d'Oltremare, Na. Grande Fontana, "La vendemmia".

1950, '54,Mostra d'Oltremare Na. Grande Fontana,
"La vendemmia", particolare.

1950, '54, Mostra d'Oltremare Na., Grande Fontana,
"Lui, lei e...l'altro". 

1950, '54, Mostra d'oltremare Na, Grande Fontana,
"Il Fagocero e la Giraffa"

1950, '54, Mostra d'Oltremare Na, Grande Fontana,
"Una coppia di leoni".

1950, '54, Mostra d'oltremare Na. Grande Fontana,
"Alla Fontana", particolare.

1950, '54, Mostra d'Oltremare Na. Grande Fontana,
"Le tre Comari".

1950, '54, Mostra d'Oltremare Na. Grande Fontana,
"Solitudine" 




Un racconto certo dimenticato


   Da "Il grande libro... Un evento poco noto sulle pompe idrauliche, 1952.
Un evento voluto dimenticare: le pompe idrauliche della Grande Fontana.

È una storia che ormai pochissime persone ricordano o sanno, già allora tenuta in stretto riserbo. La conosco e la ricordo giusto perché l’ho vissuta in prima persona, essendo presente all’accaduto e al suo protrarsi, durante il montaggio delle ceramiche.
Mancava qualche mese all’inaugurazione dell’8 giugno 1952, e tutti erano alacremente intenti a terminare i loro compiti, come anche gli ingegneri provavano il funzionamento delle pompe e l’abbinamento ai colori e al suono. In una di queste prove, cui m’incantavo a guardare i giochi d’acqua; questa, dopo una breve spruzzata, dapprima uscì dagli ugelli in maniera incongrua, poi smise del tutto.
I meccanismi automatici di sovrappressione in caso di pericolo, avrebbero staccato i compressori dell’acqua, evitando esplosioni, ma gli ingegneri si chiesero del perché di questa sovrappressione e soprattutto cosa otturava le pompe?
Gli stessi ingegneri e i tecnici addetti al pompaggio, ricontrollarono minuziosamente il percorso dell’acqua e ogni singolo macchinario, senza spiegarsi l’accaduto.
Tutto era apparentemente in ordine.
Un’ennesima prova, fu fatta eliminando le sicurezze e forzando la pressione, per cercare di sbloccare gli ugelli in apparenza liberi.  
Dall’esterno, si udì un forte rumore, un sibilo in crescendo, provenire dai compressori che accumulavano energia senza riuscire a estinguerla, fin quando, dall’alto della fontana, vedemmo i tecnici e gli ingegneri, riversarsi in strada, spaventati attraverso la porticina posta alle spalle delle vasche, temendo un possibile cedimento idraulico, rimanendo lontani, in attesa che la pressione scendesse.
Fu una gran paura per tutti.
Seppi più tardi che i tecnici avevano ricontrollato le pompe, i compressori, i tubi, le valvole, un controllo generale, senza ancora trovare l’anomalia.
Poi passarono nuovamente all’esterno, controllando gli ugelli per quanto possibile; lavorarono immersi in almeno quaranta cm di acqua e, al controllo, apparvero del tutto normali.
Si riaccese l’impianto, ma l’acqua ancora non usciva. C’era da scervellarsi.
Gli ingegneri, a questo punto, furono costretti a far smontare una pompa per controllarne l’interno e fu solo a questo punto che si scoprì l’arcano.
L’Ente Mostra, nottetempo, per abbellire le vasche, aveva messo in tutte una grandissima quantità di pesci rossi, piuttosto grandicelli: erano migliaia.
La forte aspirazione delle pompe, aspirando l’acqua, risucchiava anche le povere bestiole che, spinte a forza nei passaggi angusti, ne avevano ostruito il flusso.
Si corse ai ripari, smontando e ripulendo le pompe e i diversi passaggi e per ovviare all’inconveniente, si sistemarono delle reti di acciaio inox sulle bocchette aspiranti della vasca, in modo da salvaguardare i pesci da quest’orrenda fine.
A questo punto provarono di nuovo l’impianto che lavorò più che bene per un buon quarto d’ora dopodiché, lo zampillo lentamente si ammosciò fino a non far uscire più nulla.
Credendo di sapere da cosa proveniva il danno, si smontarono nuovamente le pompe, ma queste erano pulite e libere da ogni ingombro.
A una prova successiva, si presentò lo stesso problema, anche se questa volta i manometri dei compressori segnalarono “vuoto”, alle pompe, cioè una totale mancanza di acqua.
Fatto che, girando a vuoto, portava a bruciarle i motori per l’attrito.
Tutto fu subito spento, era nato un nuovo arcano inspiegabile, poiché questa volta le pompe, gli ugelli e i passaggi erano liberi e, tuttavia, l’acqua non circolava al loro interno. Si scoprì di lì a poco, casualmente, dopo un ennesimo giro d’ispezione che la forza aspirante delle pompe, era tanto potente da creare una forte corrente d’aspirazione nella grande vasca che questa volta non aspirava i poveri pesci, per portarli ai compressori, ma li comprimeva direttamente sul posto, schiacciandoli contro la rete di protezione di acciaio inox, sistemata appositamente per la loro protezione e salvaguardia.
I loro corpi formavano dei veri e propri tappi biologici impedendo all’acqua di passare.
Tutto si risolse eliminando fino all’ultimo pesce dalla vasca.

Così la vita per gli ingegneri e gli addetti alle pompe, poté riprendere a scorrere tranquilla.


1953, inaugurazione della grande fontana, le opere in ceramica la termineranno solo l'anno successivo.


OPERA DONATA AL MUSEO INTERNAZ. DEL VETRO E DELLE CERAMICHE, FAENZA.

1953,  bozzetto realizzato per la grande Fontana, Mostra d'Oltremare, poi donata al Museo Internazionale  per la ceramica e il vetro di Faenza, dopo aver partecipato al Concorso indetto dallo stesso  Museo, 27 giugno, 12 luglio. 





UNA CHIESA AL PARCO LAURO-NAPOLI.
1953, fregio per la chiesa di S. M. del buon consiglio, parco Lauro Na.


PARTICOLARE,  ANDRONE CON FIORIERE, VIA M. RUTA-NAPOLI.
1953, '54, opera realizzata per un androne in via M. Ruta, Napoli. Tema:L'uomo e il suo tempo.
in cui Macedonio esprime le diverse possibilità e scelte nel sociale, prediligendo la possibilità di condividere la natura con gli altri suoi abitanti, anche se c'è dell'altro.

ANDRONE IN VIA CIMAROSA-NAPOLI.

1955, Androne in un edificio in via Cimarosa, Napoli.
Tema: La scala graduata.
in cui Macedonio paragona lo stato sociale dell'umanità ad una scala graduata...



1955, Particolare dell'androne in via Cimarosa, Napoli.


DUE PORTALI IN VIA CILEA.

1955, palazzo delle maestre, due portali in via F. Cilea, Napoli.


1955, via F. Cilea, Napoli. Palazzo delle maestre, una delle opere nel primo androne,
il tema è: Le scoperte dell'uomo.
in questo quadro Macedonio rappresenta la scoperta dei metalli e della ruota.



1955, via F. Cilea, Napoli. Palazzo delle maestre,  primo androne, il tema è: La trasformazione del sapere teorico che così diventa possibilità evolutiva nel cammino dell’uomo
Macedonio vede nel rinnovo generazionale l'evoluzione del  sapere appreso, subito  superato dal rinnovarsi. 
È questa una complessa filosofia espressa da Macedonio in questo gruppo di opere con apparente semplicità, il cui aspetto esteriore, cela un ben più profondo contenuto... come si esplica nella pubblicazione.





UN'OPERA IN QUATTRO TEMPI AL PONTE DI TAPPIA-NAPOLI



1957, via Ponte di Tappia, Napoli.
Il tema che Macedonio interpreta, è: La storia sul progresso dell'umana specie.
Per realizzarla egli si pone un'unica domanda: Cosa ne sarà dell'umanità quando avrà terminato di evolversi? Per rispondere al quesito non può che allontanarsi intellettualmente dal suo tempo e descrivere attraverso le immagini quanto vede nel lontano futuro. 
La risposta  andrà letta in sequenza nelle  quattro grandi opere poste una per facciata, a iniziare dall'opera prospiciente via Toledo, espressione di un presente a lui contemporaneo(siamo nel 1957)  e proseguendo leggeremo  il viaggio dell'umanità verso il suo remoto futuro in cui nell'ultimo quadro si conclude l'interrogativo posto.

1957, Ponte di Tappia, primo quadro, fronte via Toledo


1957, Ponte di Tappia, secondo quadro via P. di Tappia


1957, Ponte di Tappia, terzo quadro, via Bracco


1957,Ponte di Tappia, quarto quadro, s. Tommaso d'Aquino. 


questo lungo pellegrinare filosofico dell'umanità per raggiungere la perfezione intellettuale,  nella pubblicazione non solo è spiegata attraverso i suoi stessi appunti ma anche con l'uso del
Codice-Macedonio che non  permette d'inquinarne il significato intellettualmente.





1957, l'opera in via G. Doria al Vomero:
sette grandi quadri esterni, uno per piano e le decorazioni dell'androne


1957, panoramica dell'androne a due livelli in via G. Doria

1957, particolare dell'opera nel piano basso dell'androne in via G. Doria

1957, secondo particolare dell'opera nel piano basso dell'androne.
via F. Doria


1957, panoramica delle sette opere esterne in via G. Doria.


1957, via G. Doria, primo quadro esterno, (primo piano).



1957, via G. Doria, secondo quadro esterno.


1957, via G. Doria, terzo quadro esterno.

1957, via G. Doria Quarto quadro esterno.

1957, via G. Doria, quinto quadro esterno.

1957, via G. Doria, sesto quadro esterno.

1957, via G. Doria, ottavo quadro esterno.
Come si può osservare da questa sequenza fotografica, man mano che si sale verso l'alto, i quadri assumono sempre maggior semplicità nelle linee e colori più accesi.
Questo per permettere all'osservatore di comprendere i concetti.





1958, opera  all'E.M.P.I. al Chiatamone, (oggi A.S.L.).
l'opera è su di una parete interna della sala d'aspetto e smistamento le sue misure sono di quatto metri e quaranta per circa sei metri e cinquanta.


1958, particolare dell'opera all' E.M.P.I.




1958, 59, Pilastro a un ingresso in via A. Manzoni e due quadri nell'androne.

1958, via A.Manzoni, il primo quadro all'interno dell'androne.





1958, via A Manzoni, secondo quadro all'interno dell'androne




1959, quattro figure di una mastodontica opera in tutto tondo realizzata per l'intera facciata di un palazzo ai Ponti Rossi, Napoli. L'opera all'origine misurava mt. 12 di altezza per 14 di larghezza, montata su una struttura tubolare posta all'esterno dei balconi.
Fu poi smontata per motivi di sicurezza e restituita a Macedonio che  riutilizzò  le figure in differenti occasioni, come ben riporto ne: Il grande libro...



1959, alcune figure provenienti dallo smontaggio dell'opera di via Ponti Rossi,
        sistemate momentaneamente nel "giardino incantato" di casa Macedonio che
per tali ragioni assunse questo nome.



1959, Il deserto americano, grande opera di mt sei di larghezza per quatto di altezza
realizzato per un androne in via Bonito, Vomero, Napoli.


1959, La propagazione del suono, opera non figurativa in un androne di via A. Falcone,Napoli.


1960, Lungo fontanile in via Belvedere, Vomero Napoli.


1960, Ciò che disse Cummeo, particolare di un'opera in casa di Domenico Rea.

1960, Ciò che disse Cummeo, particolare di un'opera in casa di Domenico Rea.




dal1961, al 1976 in modo saltuario vi è la parentesi delle
opere in Gallipoli, Lecce, grazie all'arch. Enzo Perna.

bozzetto per un'opera a grandezza naturale in casa Torselli.
l'opera di cui non vi sono altre immagini è posta a fine corrimano
di una scala che conduce ad un vasto salone di rappresentanza.
spesso scambiata dai "grandi conoscitori delle ceramiche di Macedonio"
per l'opera posta anch'essa alla fine di un corrimano nel Cinema Orchidea,
ora facente parte di una collezione privata



1962, Complesso abitativo e commerciale in Corso Roma, Gallipoli, Lecce
per il tecnigrafo dell'arch. Enzo Perna.
le opere di Macedonio abbelliscono l'intera facciata dell'ingresso.

1962, Corso Roma,Gallipoli, Lecce, panoramica delle ceramiche
di Macedonio sull'intera verticale della facciata.


1963, un opera in tre quadri in via Michelangelo da Caravaggio.

1963, il secondo dei tre quadri in via Michelangelo da Caravaggio.

1963, il terzo dei tre quadri in via Michelangelo da Caravaggio.





1963,Un pavimento in via S. Euframo vecchio, Napoli.





1964, la farmacia Sellitti, Riviera di Chiaja, Napoli.
Un'opera che ci parla della polio, intesa come ricerca medica




1965, un falso Macedonio dalla firma autentica, Ombrellificio Sessa, via Duomo, Napoli.


1966, espressione di un complesso concetto intellettuale, coll. privata, Napoli.




Le opere al Parco Vanna, via Jannelli al Vomero alto, Napoli dal 1966 al 1972,


1966, Il graffito perimetrale esterno al Parco Vanna, via Jannelli, Vomero alto, Napoli.
l'opera, divisa per ragioni di spazio in quattro segmenti guarda al futuro auspicando attraverso le immagini un futuro prospero. 
le stesse immagini legano con il concetto intellettuale "magico" che Macedonio, esprime nell'intero parco, ricordo di scoperte e giovanili e avventure intellettive, avute in questo campo, ricordando che Macedonio prendeva dal suo presente i concetti da esprimere attraverso la ceramica.





1966, 1967, Parco Vanna, via Jannelli Napoli, opera in tre quadri all'interno del primo androne.

primo quadro.



Secondo quadro.



terzo quadro.



1068, Il guerriero e il cacciatore", un'opera dalla particolare filosofia in cui la figura è sdoppiata in due concetti, l'uno del cacciatore, a salvaguardia della specie e della famiglia, l'altro del guerriero a salvaguardia delle comuni proprietà ,

1968, la terza bugia, l'opera più piccola mai realizzata da Macedonio, ciononostante la filosofia che esprime è pari alla sua opera più grande



1970 Parco Vanna, via Jannelli, "Il centauro", opera nel secondo androne.




1970, 1973, Parrocchia di Casalvelino Marina, Salerno.



1970, "Il Cristo crocifisso, tuttotondo, altezza mt 250 circa, Parrocchia di Casalvelino Marina,


1970, altare nella parte frontale in cui macedonio esprime la nascita di Adamo e Eva; Il peccato originario; la cacciata dal paradiso.
i sostegni laterali si esprimono invece attraverso il nuovo testamento, dando all'osservatore il concetto delle radici (attraverso il vecchio testamento) e il fiore attraverso il Vangelo.



1971, il fonte battesimale,  Parrocchia di Casalvelino Marina,


1971,'72,Parrocchia di Casalvelino Marina, due vasche di acquasantiera


1971,'72,  il miracolo di Lazzaro, acquasantiera, Parrocchia di Casalvelino Marina,


1971,'72,  il miracolo dei pani e dei pesci, acquasantiera, Parrocchia di Casalvelino Marina,

1971,'72,  base d'appoggio per una statua lignea, Parrocchia di Casalvelino Marina,



1971,'72,  Candelabro Pasqualearrocchia di Casalvelino Marina,






1972, opera nel terzo e nel quarto androne. il drago ha un profondo significato che cambia secondo la civiltà che adotta quest'immagine.








1973,   Via Crucis, Parrocchia di Casalvelino Marina,




1976, interno del Teatro Cinema Italia, Gallipoli


1976, gli attori, interno del Teatro- Cinema Italia, Gallipoli Lecce.

1976, le maschere, alla biglietteria del Cinema Teatro Italia Gallipoli Lecce.


1976, Macedonio pensa nel suo studio del Vomero




per ora ci fermiamo quì, 
l'estensione continua mensilmente fino alla sua ultima opera realizzata nel 1986:Il paese di bengodi, vaso.

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